L’evoluzione storica della città di Galatina è segnata da tappe ben precise che passano dalla città medioevale orsiniana(‘300) alla città rinascimentale dei Castriota (‘500) sino ad arrivare a quella moderna (‘600-‘700), caratterizzata da un particolare fervore illuministico.
La repentina crescita del tessuto urbano, registrata sin dal ‘300 , indica che le condizioni di vita all’interno della città hanno richiamato sempre più abitanti dai luoghi vicini, attratti, oltre che dalla sicurezza rappresentata dalla cinta muraria, anche dal fermento mercantile e dalla disponibilità di servizi civici non disponibili altrove. Galatina rappresenta, per diversi aspetti, un esempio, nella parte più periferica del Sud Italia, di città con una struttura urbana ben definita in cui le necessità di “vita associativa” espresse dalla popolazione hanno determinato un sistema urbano “maturo” basato sull’agricoltura .
Dal ‘300 al ‘700, Galatina si è ritrovata ad oscillare tra feudo e ducato e, di conseguenza, tra feudatario (nobile, proprietario, signore o duca) e popolo (contadino e artigiano). Il distacco e la differenza tra queste due figure sociali resterà per molto tempo netta e ben definita.
Nella Galatina del ‘300, fortificata dalla cinta muraria degli Orsini del Balzo, si cominciarono a costruire le prime case urbane alle quali fece seguito , nel‘400, la costruzione di alcuni edifici signorili che, grazie alla loro importanza e notorietà popolare, servirono come punto di orientamento per identificare alcuni agglomerati umani.
Le costruzioni abitative dei signori, proprietari terrieri, nobili o ecclesiastici, erano collocate nel centro del nucleo urbano cittadino ed erano sempre adiacenti o in prossimità di una piazza o di una chiesa . All’interno o nelle prossimità di questi palazzi gentilizi, al piano terra, spesso abitavano alcuni nuclei familiari che vivevano sotto la protezione del “signore” o erano al suo servizio.
Questa soluzione abitativa si riscontra ancora oggi in diverse case a corte patronali del centro storico di Galatina.
Le prime case urbane popolari, costruite in muratura senza alcun riferimento architettonico, erano al pian terreno, con tetto realizzato in cannicci e ricoperte da èmbrici. Anche in questo caso, fu proprio l’attitudine dei vari nuclei familiari del vicinato a svolgere vita associativa, che determinò la formazione delle case a corte che nel centro storico galatinese si manifesta in un ampio tipo di soluzioni : corti mono familiari, plurifamiliari, raggruppate o singole. In questi spazi, più discreti rispetto alle strade principali, si svolgeva la vita domestica delle famiglie contadine in tutta la sua sacralità. L’insieme di corti, vicoli e strade che si concentravano a ridosso delle dimore dei ceti emergenti o delle piazze davano origine alle insulae (concentrazioni abitative che oggi chiameremmo quartieri).
Spesso le condizioni economiche, sociali e in alcuni casi anche religiose, determinavano l’appartenenza ad un’insulae anziché un’altra perché ciascuna di esse si distingueva nettamente per caratteristiche di vita, di costume e tratti distintivi.
Il documento che consente di ricostruire in maniera molto precisa la fisionomia di Galatina di alcuni secoli fa è la relazione di Tommaso Vanna (Magistrato ispettore del regno) che visitò la città nel 1854 e diede descrizione dettagliata di tutte le vie che erano state oggetto della sua ispezione.
Nella relazione fu evidenziato che le strade erano “trentasette” di cui trentaquattro ben lastricate con “chianche” di pietra viva, aspetto che rappresentava una caratteristica eccezionale e quasi rara nelle città della provincia di Lecce. Le strade interne lastricate erano un segno evidente di distinzione estetica, igiene e attenzione architettonica tipica di Galatina.
Un’ulteriore importante testimonianza documentale si ritrova nell’analisi di un “itinerario” del 1597 in cui vengono indicati i “fuochi” (il numero delle famiglie) da sottoporre a tassazione nel periodo del ducato dei Castriota. Da questo documento si apprende la fisionomia della Galatina del ‘500, ripartita e identificata in ventiquattro “insulae” ben distinte. Questa descrizione non si discosta molto dall’attuale conformazione del centro storico.
La Bagliva di Galatina (1496 -1499)
La Bagliva o “baliva” era una raccolta di disposizioni amministrative che regolavano la convivenza dei cittadini, una specie di codice nel quale venivano elencate leggi o anche antiche consuetudini divenute leggi.
Ebbene, Galatina fu una delle poche “realtà” nel Salento a disporre di questo prezioso strumento che rappresentò una conquista civile della comunità galatinese contro gli abusi nella vita amministrativa e sociale della città. Questo documento sancì l’inizio dell’età nuova, il primo vero atto di autonomia amministrativa in un tempo e in un territorio come il Salento, ancora fortemente sottoposto alle logiche della servitù.
La Bagliva era composta da ottanta “capitoli” (paragonabili agli attuali nostri articoli) e prevedeva l’esistenza del “balivo”, un pubblico ufficiale preposto all’osservanza delle leggi.
Essa rappresenta ancora oggi un documento preziosissimo tramite il quale è possibile conoscere ed esplorare la società galatinese del basso medioevo e del ‘400. Si deduce facilmente, infatti, il tenore di vita, gli usi, i costumi, il modo di pensare e la struttura socio economica della popolazione del tempo. L’aspetto che maggiormente trapela da questo importantissimo documento è l’eccezionale legame della città con la campagna e la società contadina.
[A. Antonaci, "Galatina Storia e Arte", Galatina 1998]